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Presentazione Centro Nuovo Umanesimo

Dott.ssa Cristina Mondello
Sabato 1° dicembre 2001



…Ringrazio voi per averci dedicato un sabato pomeriggio e la Prof. Silvia Vegetti Finzi per aver accettato il nostro invito. Il mio compito è presentarvi la storia e le iniziative del Centro Nuovo Umanesimo.

La storia incomincia nel 1998, quando un gruppo di genitori di una seconda media di una scuola pubblica milanese, di cui io facevo parte, decise di incontrarsi tutti i mesi per discutere insieme le problematiche educative che tutti dovevamo affrontare, avendo almeno un figlio nella stessa fascia di età.
Per prepararci a questi incontri leggevamo in precedenza del materiale, brani di libri e articoli e poi ci scambiavamo le nostre esperienze e le nostre idee riguardo ai problemi che dovevamo affrontare; ma parlando di tematiche educative, ci siamo resi conto che le grandi difficoltà che oggi genitori e insegnanti incontrano, in realtà, derivano dal vuoto etico che caratterizza la cultura e la società occidentale di questo periodo.

Vuoto etico, ovvero mancanza di punti di riferimento, di valori condivisi con altri, perché ognuno deve fare da sé all’interno della propria famiglia, con i propri figli, deve prendere delle decisioni che non sono supportate dalla coralità del sociale.

Brevemente cercherò di illustrarvi le cause che ci hanno portato a questa situazione di vuoto etico, le conseguenze e quello che noi pensiamo di fare.

Innanzitutto lo sviluppo tecnologico-scientifico che dopo la seconda guerra mondiale ha conosciuto un incremento che mai prima si era verificato nella storia dell’umanità, ci ha portato a considerarci quasi onnipotenti, senza più limiti davanti a noi.
Dato che con la clonazione possiamo ricreare noi stessi, oppure possiamo avere arti di ricambio, o pensare di essere ibernati per poterci risvegliare in futuro, quando ci saranno mezzi per curare ogni malattia, il senso di onnipotenza ci sfiora.
Tuttavia, sostiene il filosofo Umberto Galimberti, lo sviluppo della tecnica ha creato un apparato del quale noi, oggi, anziché essere fruitori, siamo diventati schiavi, perché, egli dice, gli scienziati procedono nei loro esperimenti, soltanto in base ai risultati degli esperimenti stessi, non ci sono norme morali che possano fermarli.
Sempre secondo Umberto Galimberti, lo sviluppo tecnico ha ucciso l’etica e l’umanesimo; non possiamo più parlare di norme, non possiamo più parlare di centralità dell’uomo, perché l’uomo è diventato schiavo di quelle stesse macchine che ha creato per soddisfare i suoi bisogni.

Contemporaneamente, sempre dopo la seconda guerra mondiale, abbiamo assistito allo sviluppo dell’industria in tutto il mondo sviluppato; ma produzione industriale significa produzione di oggetti che noi dobbiamo consumare, per cui il fine esistenziale per la società occidentale, ha scritto Saul Bellow in un articolo qualche giorno dopo l’11 settembre, è diventato: acquistare, consumare e buttar via.
Sembra che non ci siano altri fini per noi e in effetti è facile rendersene conto guardando tutti i simboli che ci circondano, anche camminando per strada o guardando la televisione, ci rimandano soltanto a questo, al consumo di oggetti, al corpo visto però soltanto nella sua bellezza estetica e null’altro, alle banche, agli investimenti, al denaro.
Ma questi fini non possono soddisfare la nostra natura di uomini.
Ha ragione Umberto Galimberti: l’Umanesimo è agonizzante. La mentalità dominante ha reso anche noi oggetti tra gli oggetti, anche nelle relazioni tra gli uomini, anche nelle relazioni familiari, come purtroppo fatti di cronaca molto drammatici ci hanno condotto a constatare.

L’altro fattore importante è la secolarizzazione. Con questo termine si intende l’allontanamento di Dio, del divino e di tutti gli aspetti del sacro, dalla vita quotidiana.
Qualcuno ha detto con una battuta, ma che è significativa, che in questa epoca, nel mondo occidentale non è rimasto nient’altro di sacro che l’”osso”. Purtroppo è così. Non c’è nulla nel paesaggio che ci circonda che ci rimandi al nostro limite di esseri umani, necessariamente “finiti”, per cui, probabilmente, c’è “qualcosa d’altro” al quale la mortalità stessa ci rimanda.

Ultimo fattore che ci ha condotto a questa mancanza di punti di riferimento e di norme negli ultimi decenni è il crollo delle ideologie e la sfiducia di molti in tutto ciò che è politico-istituzionale.
Fattori che naturalmente ricadono nel processo educativo, perché se noi non sappiamo più che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, cosa è bene e cosa è male, è difficile trasmetterlo ai nostri figli e ai nostri allievi.

Il risultato di questi fattori lo possiamo constatare tutto attorno a noi: è il diffondersi del disagio esistenziale, l’aumento dei suicidi, anche tra i giovani, del consumo di ansiolitici, di droghe, di disturbi come bulimia, anoressia, depressione, l’aumento delle disgregazioni familiari.
Mi viene in mente l’immagine del romanzo “La storia infinita”: il Nulla dilaga, il giovane protagonista Atreiu può fermare il Nulla solo trovando un nome alla Principessa. Forse questo significa che noi dobbiamo cercare insieme di ridare un senso alle nostre vite e alla nostra realtà.
Per questo noi abbiamo voluto questo Centro in una città come Milano che offre decine di occasioni culturali di ogni genere. Noi vorremmo concentrarci su questi aspetti, ovvero: ripartire dall’etica, cercare, ricostruire insieme da questa tabula rasa che si è venuta a creare, ma che forse è anche un’opportunità per ripartire da zero, senza preconcetti e pregiudizi, senza qualcosa che possa condizionarci, dei principi che noi riteniamo validi per la nostra vita e per la vita dei nostri figli.

Vogliamo riportare la filosofia nella vita quotidiana. Perché di questo si tratta. Non vi spaventi questo termine, in Italia la filosofia non è studiata in tutti gli ordini di scuola, ma in realtà quella che a noi interessa è la filosofia pratica, quella che indica una saggezza nella vita quotidiana, un modo di condursi,come faceva la filosofia alle sue origini nel mondo greco.
Socrate passava il tempo parlando con i suoi concittadini interrogandosi su cosa fosse la giustizia, cosa fosse l’amore, parlando della morte, parlando della vita.
Noi pensiamo che la filosofia debba tornare fra la gente comune e scendere da quelle torri d’avorio dove oggi gli studiosi si sono rifugiati, ovvero le università e le accademie, perché tutti noi siamo filosofi, tutti noi ci poniamo degli interrogativi sul senso della nostra vita e cerchiamo delle risposte, per cui tutti possiamo dialogare insieme con gli altri e cercare di sostenerci vicendevolmente.

Vogliamo anche parlare di spiritualità. Rispetto al vuoto del sacro di cui parlavamo prima, vogliamo ritornare a porci questi interrogativi, ma non partendo da punti di vista preconcetti, bensì confrontandoci insieme, con tutte le posizioni differenti che possono darsi riguardo alla spiritualità stessa.
Questo, tra l’altro, accade nel gruppo degli undici soci fondatori del Centro a cui poi si è aggiunto un altro gruppo che si incontra ogni tre settimane. All’interno del gruppo ci sono posizioni molto diverse, sia per quanto riguarda le idee politiche, sia per quanto riguarda la fede religiosa.
Non chiediamo a nessuno di abbandonare le proprie radici, ma vogliamo confrontarci, perché di fronte al senso della nostra vita noi possiamo proclamarci: atei, agnostici, cristiani, buddisti, induisti, ma siamo sempre uomini. Ed è all’essenza di questa umanità che noi vogliamo cercare di tornare, perché mi piace ricordare l’immagine che ho sentito una volta da un Sufi islamico: se la realtà è come la ruota di una bicicletta e Dio ( o il principio creatore, o questo qualcosa che trascende l’umano, visto che l’umano è limitato) è il centro della ruota della bicicletta, gli uomini sono come i raggi: tanto più sono lontani da Dio, tanto più sono lontani gli uni dagli altri, tanto più si avvicinano al centro, al principio creatore, tanto più si avvicinano gli uni agli altri.
In epoca di globalizzazione io credo che sia proprio necessario un confronto senza steccati e senza arroccamenti fra tutte le differenti posizioni.

Noi non vogliamo realizzare un partito politico, non c’è alcun rapporto fra noi e il Partito Umanista, abbiamo voluto questo termine: Nuovo Umanesimo, in un certo senso in contrapposizione al pessimismo di Umberto Galimberti; egli ritiene morti sia l’Etica, sia l’Umanesimo, noi pensiamo invece che il nostro sforzo comune possa, in qualche modo rianimarli, in una ricerca costante, nel confronto fra tutte le posizioni diverse, per un mondo migliore, per noi e per i nostri figli.

Vorremmo essere un nucleo della società civile che insieme con altri nuclei della società civile può costituire, magari un domani, anche un gruppo di pressione su chi ha il potere di decidere di molti aspetti delle nostre vite.

Vorremmo quindi collaborare con tutte le cosiddette agenzie educative:
la famiglia, prima di tutto: noi famiglie vogliamo lavorare nel confronto con altre famiglie.

Vogliamo lavorare con la scuola. A proposito della scuola vorrei dire che ci piacerebbe molto contribuire, come Centro Nuovo Umanesimo, alla rivalutazione della scuola stessa e della figura insegnante, perché ci pare veramente miope una nazione come l’Italia che non si rende conto del valore fondamentale, dal punto di vista educativo, umano e sociale della struttura scolastica.
In epoca di istruzione obbligatoria tutti passano attraverso la scuola e se la scuola non funziona, le conseguenze ricadono sulla società intera.
Un ruolo così delicato come quello dell’insegnante, al quale noi affidiamo l’educazione dei nostri figli, meriterebbe un riconoscimento maggiore, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista sociale, affinché si possa anche arrivare ad una maggiore collaborazione fra scuola e famiglia che oggi è messa in crisi anche dalla deresponsabilizzazione dei ragazzi.
Il fatto di considerare sempre i ragazzi come irresponsabili e se c'è qualche problema di far ricadere la colpa o sui genitori o sugli insegnanti ha condotto a una contrapposizione fra queste due agenzie educative che è sicuramente controproducente per i giovani

Vogliamo lavorare anche con le società sportive che hanno un ruolo educativo molto importante perché si occupano dei nostri figli non soltanto dal punto di vista fisico, ma insegnano loro anche a vincere se stessi e a collaborare con altri per un fine comune.

Infine vogliamo occuparci anche dei mass-media che sono in questa epoca sicuramente fondamentali nell’educazione e formazione della mentalità corrente.
Chi fa televisione ha un’enorme responsabilità sociale e morale. In quest’ultimo periodo questa responsabilità non viene ricoperta come si dovrebbe, se riusciremo ad essere in tanti, a unirci anche con altri che hanno questi intenti, forse potremmo anche ottenere che chi fa televisione sia più formato e si renda meglio conto delle conseguenze di ciò che trasmette.
Nel frattempo, sicuramente possiamo noi, come genitori o come insegnanti, cercare di capirne di più, istruirci sull’argomento per capire anche la grammatica del linguaggio delle immagini, per capire come vengono fatti i palinsesti e per trasmettere poi queste cognizioni ai nostri figli o ai nostri alunni, perché se è vero che “ci vuole un villaggio per crescere un bambino”, come dice un detto anglosassone, noi vorremmo cercare di riunire queste maglie disperse e ricostituire insieme, con tutte le persone interessate, questo villaggio educativo.
Non è vero che oggigiorno non esiste un villaggio, esiste il famoso villaggio globale di cui parlava Marshall Mc Luhan, ma il problema è che trasmette dei valori nei quali noi spesso non ci riconosciamo, perché sembra che soltanto denaro, potere e successo siano le cose che contano nella vita.
Se invece noi, come genitori e come insegnanti, vogliamo cercare di insegnare ai nostri figli e alunni: l’impegno, la coerenza, l’onestà, il rispetto degli altri, lo sviluppo delle nostre potenzialità umane al servizio, nella solidarietà, della società intera, per insegnare questo, dobbiamo remare contro corrente e si fa molta fatica, per questo pensiamo sia necessario unirci in gruppi, confrontarci: in questo modo possiamo non solo aumentare la nostra forza, ma forse arrivare a ridurre l’impeto della corrente contro la quale dobbiamo andare.

Ciò che vogliamo proporre sono degli incontri in piccolo gruppo dove si possa conoscersi più a fondo e crescere insieme nel confronto.
Momenti come questi, conferenze, cineforum, convegni, seminari, abbiamo già un sito internet nel quale per ora pubblichiamo i verbali dei nostri incontri mensili e in futuro pubblicheremo anche la stesura delle conferenze, inoltre vorremmo fare anche delle pubblicazioni cartacee.
Vogliamo proporre anche dei lavori nelle scuole, abbiamo già chiesto ad una scuola media e ad una scuola superiore di ospitare un lavoro che aiuti i ragazzi a capire come gestire il conflitto mettendosi nei panni dell’avversario per ridurre la conflittualità, ma per questo aspettiamo l’eventuale riconoscimento del Comune.
Per le nostre attività per ora noi non abbiamo chiesto finanziamenti a nessuno, né a pubblici, né a privati, abbiamo voluto costituire l’Associazione come Associazione di volontariato, noi soci operiamo gratuitamente e abbiamo coperto con le nostre quote associative e i nostri contributi le spese del Centro.
Per le prossime realizzazioni aspettiamo anche la risposta delle altre persone eventualmente interessate a collaborare o a darci un sostegno se condividono i fini dell’associazione.

Per il primo trimestre del 2002 abbiamo per ora queste tre proposte:
- un laboratorio etico
- un gruppo per genitori di adolescenti
- un gruppo per insegnanti

Per il laboratorio etico abbiamo proposto questi argomenti:
- Quali valori morali per il nostro tempo
- Il rapporto fra etica e felicità
- Il rapporto fra religione e religiosità
(ciò che dicevo prima: c’è un’istanza spirituale in tutti gli uomini, qualunque sia la posizione che loro ritengono di assumere e poi ci sono delle religioni confessionali che storicamente hanno individuato determinate forme, determinati riti, determinati dogmi. Vogliamo interrogarci sul rapporto fra queste posizioni e su quella che noi possiamo ritenere più valida per noi)
- Quale rapporto fra mass-media ed etica
- La morte nella società della tecnica

Qualcuno mi ha fatto osservare che questi argomenti sembrano per addetti ai lavori, per filosofi di professione, ma posso assicurarvi che non è così, infatti abbiamo trattato questi argomenti sia nel gruppo fondatore, sia nell’altro gruppo e all’interno non ci sono filosofi di professione: ci sono genitori, o anche persone non genitori, che fanno i lavori più diversi. Come dicevo prima: siamo tutti filosofi e tutti possiamo interrogarci e cercare risposte a questi interrogativi.

Il secondo gruppo che proponiamo riguarda cinque incontri per genitori di adolescenti.
Sappiamo quanto sia difficile, proprio in questo periodo storico, questa fase della vita della famiglia in cui dei bambini, che non sono più tali, dovrebbero entrare nell’età adulta.
Tra l’altro, è proprio in questi ultimi periodi che è nato il concetto di adolescenza, perché nell’antichità non esisteva, si passava direttamente dall’infanzia, all’età adulta.
In questo ultimo secolo, invece, siccome non è possibile entrare subito nel mondo del lavoro quando si raggiunge la maturità fisiologica, e quindi non è possibile raggiungere subito l’autonomia, gli anni nell’intervallo sono sempre molto difficili e dolorosi, perché i giovani si sentono grandi, vogliono esserlo, ma non possono esserlo.
Per queste ragioni abbiamo proposto questi argomenti, per vedere insieme come ridurre il conflitto, ma anche per proiettare queste difficoltà su un orizzonte più ampio.

Infine proponiamo tre incontri per insegnanti, abbiamo ridotto il numero degli incontri perché sappiamo quanto gli insegnanti sono vessati in questo periodo con richieste e attività che spesso esulano dal loro ruolo di educatori e sono invece più simili a quelle dei burocrati, ma abbiamo già avuto adesioni perché ci sono persone interessate a confrontarsi proprio su questi temi:
- Insegnare oggi: gli allievi, questi marziani
(Questi ragazzi sono così diversi da noi che spesso facciamo fatica a capirli)
- Come rendere responsabili i ragazzi non abituati a regole e responsabilità
(Come la scuola può collaborare con la famiglia in questo compito)
- Aiutare i genitori ad individuare i problemi dei figli
(Ancora per la collaborazione scuola e famiglia).

Veniamo ora all’incontro di oggi. Abbiamo scelto il tema della “responsabilità” perché è sicuramente un concetto fondamentale che sta alla base di qualsiasi etica (solo se io sono responsabile del mio comportamento posso individuare una distinzione fra bene e male) e poi perché vogliamo invitare noi stessi, noi adulti, a cercare di essere responsabili nella società in cui viviamo e, con l’aiuto della Prof. Vegetti Finzi, vogliamo cercare di capire come aiutare i bambini fin da piccoli a diventare responsabili.

Presentare la Prof. Vegetti Finzi è un compito molto agevole perché le sue apparizioni televisive e la sua collaborazione con i più importanti quotidiani italiani l’hanno resa nota a tutti, mi piace ricordare però alcune delle sue opere più importanti per i non specialisti: Il romanzo della famiglia, Volere un figlio, e la trilogia scritta in collaborazione con Annamaria Battistin: A piccoli passi, La psicologia del bambino dall’attesa ai cinque anni, I bambini sono cambiati (dai sei ai dieci anni) e l’ultimo sull’adolescenza: L’età incerta: i nuovi adolescenti. Tutti questi libri hanno il raro pregio in Italia di unire la profondità e il rigore scientifico con una capacità divulgativa che li rende leggibili anche per chi non abbia fatto studi particolari sull’argomento. Io la ringrazio molto e le lascio la parola.