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Nel dicembre del 2003 venne distribuita alle 23 partecipanti ai tre gruppi di laboratorio etico, nati a partire dalla fondazione del Centro, la lettera seguente:


Milano, dicembre 2003


Care amiche, per orientare meglio le attività del laboratorio etico vi chiederemmo di mettere per iscritto le vostre osservazioni sull’esperienza. Se la cosa può aiutarvi, potreste tenere presenti i seguenti punti:

1) motivazioni (i motivi che vi hanno spinto a partecipare)
2) riflessioni
3) sentimenti (amicizia, affetto, comprensione, rabbia…..)
4) applicazioni pratiche nel quotidiano degli argomenti letti e discussi
5) utilità
6) critiche e proposte
7) osservazioni sulla periodicità (va bene una volta al mese, è poco….)
8) altro

Se preferite invece scrivere liberamente, secondo un vostro ordine, fatelo pure. Il lavoro è volontario e, se volete, anche anonimo. Andrebbe preparato entro marzo 2004.
Vi ringraziamo fin d’ora per la collaborazione.


Abbiamo ricevuto le seguenti risposte:


28 gennaio 2004: Laboratorio etico

La motivazione principale che mi ha spinto a partecipare al laboratorio etico è stata, in sintesi, il bisogno di comunicare a livello più profondo con persone che – come me – sentissero il disagio di vivere in una società sempre più piena di beni materiali e vuota di valori spirituali.

Ho già detto che – a livello personale – questi incontri hanno avuto e hanno un valore “terapeutico”, ma questo è un discorso che porterebbe lontano e che esula comunque dal “tema” proposto (ho un vecchio retaggio scolastico, per cui GUAI ad andare “fuori tema”!).

Riflessioni e sentimenti sugli incontri? Sono tanti e si affollano: proverò a riordinare almeno quelli essenziali.

Ho sicuramente imparato molte cose e la prima è che il mio disagio nel mondo nasce prima di tutto da un disagio con me stessa ed è da lì che devo partire. Partendo dal desiderio di cambiare il mondo, ho capito quindi che devo provare a cambiare un po’ me stessa.

In questi gruppi ho cercato di imparare ad ascoltare veramente gli altri, uscendo da me stessa, dalle mie idee preconcette, dai luoghi comuni ecc.; non sempre
ci sono riuscita, ma ci ho provato perché sono convinta che questa sia la strada giusta per costruire delle vere relazioni .

Leggere e riflettere insieme su argomenti “etici” serve a stimolare riflessioni, ad offrire spunti di approfondimento, a confrontarsi, ad arricchirsi, ad aprire nuovi orizzonti; occorre però che tutto ciò abbia un riscontro pratico anche nella realtà di tutti i giorni.

Abbiamo affrontato tanti argomenti, ci siamo interrogati su tante tematiche importanti, ma una domanda mi assilla: io sono riuscita a migliorarmi almeno un po’?
A mettere in pratica un minimo ciò che mi sono proposta attraverso questi incontri? Ci ho provato e ci provo, conosco discretamente la teoria, so quello che dovrei fare, so (o credo di sapere) come mi piacerebbe essere, ma confesso che mi trovo in difficoltà a consolidare anche il più modesto cambiamento.

Come dice Cristina, occorre continuare a lavorare su se stessi ed io sono praticamente un cantiere umano, per cui continuerò a partecipare a questi incontri finchè sarà possibile, con l’obiettivo di imparare a stare meglio con me stessa e con gli altri (e di conseguenza nel mondo).

Per quanto riguarda il gruppo di persone con cui condivido questi incontri, non posso che dare un giudizio positivo. Forse però potrebbe essere utile ogni tanto “cambiare” i gruppi, nel senso di confrontarsi con altre persone, per non rischiare alla fine di dirsi sempre le stesse cose o di innescare dinamiche che potrebbero influire negativamente sulla serenità degli incontri. stessi.

Nulla da osservare sulla periodicità degli incontri che, a mio parere, è adeguata.

N.B. A conclusione di tutto ciò, devo constatare che non sono più capace di scrivere un testo unitario e conciso (a mio discapito posso dire che il mio ultimo tema risale al 1969, anno della maturità!). Il laboratorio etico ha avuto anche il merito di mettermi di fronte a questa evidente realtà!


Osservazioni sul laboratorio etico: marzo 2004

Riuscire ad instaurare un vero dialogo con le persone con le quali relazioniamo quotidianamente o con quelle che fanno parte della nostra vita affettiva non è facile. Non è facile perché è impegnativo, perché richiede tempo, pazienza, impegno, volontà di mettersi in discussione e di mettere in discussione le proprie salde credenze sulla propria esistenza e su quella altrui (perdendo la propria identità- come direbbe Ester). Spesso ci si parla per ore, ma non si comunica, non si riesce ad andare
al di là dei soliti luoghi comuni o delle simpatiche e un po’ patetiche frasi di circostanza sempre attuali e sempre abusate.
La paura di perdere tempo, la fretta (di andare dove?), la troppa superficialità, ma soprattutto e principalmente l'ignoranza (non intendo quella scolastica) sono le responsabili di quella mancanza di profondità che non riusciamo a vedere nelle varie azioni quotidiane che spesso compiamo senza chiedercene il senso. Tali fattori impediscono di capire, di valutare e di analizzare profondamente la complessità della natura umana con le sue ragioni, i suoi bisogni e le sue finalità.
Fatta tale premessa, non posso che sentirmi soddisfatta della mia partecipazione ad un laboratorio in cui ci si può confrontare con i grandi temi dell'esistenza insieme con altri che, come me, condividono lo stesso bisogno di capire se stessi e gli altri, unito all'insoddisfazione per la comunicazione superficiale che ci circonda.
Inizialmente, quando mi iscrissi, fui colpita dall'assenza di speculazione del Cnu, dall'estraneità alla logica dell'accumulo monetario poiché vennero pubblicizzati laboratori interessantissimi e gratuiti, perciò da squattrinata studentessa universitaria, colsi l'opportunità al volo.
Il laboratorio permette e stimola la rielaborazione di vari concetti personali riguardanti la propria vita ed il modo di gestirla, concetti spesso frutto di pregiudizi sedimentati nell'animo che producono pensieri incoerenti e, conseguentemente, azioni incoerenti e irresponsabili.
Tali concetti, dati per certi, per assoluti, vengono rielaborati durante i laboratori in maniera critica, stimolati dalla riflessione e dall'ascolto dell'esperienza e dell'esposizione dell'altrui pensiero.
Il laboratorio mi è servito per ri-definire la mia scala di valori e per mantenerne costante la consapevolezza, cercando di agire quotidianamente in conformità con
essi. Esso è stato fondamentale proprio perché non mi era sempre stato facile adeguare, per così dire, la mia vita “intellettiva” alle mie scelte concrete.
Cerco, anche nel mio piccolo, di vivere nel quotidiano lo spirito degli incontri.
A volte, per esempio all'interno di un gruppo di amici, cerco di stimolare la riflessione comune su argomenti particolari, così come viene fatto negli incontri del Cnu.
Ciò che appare più difficoltoso,però, nel laboratorio come nella vita quotidiana, è l'ascolto dell'Altro, la comprensione e la tolleranza nei confronti del pensiero altrui quando è completamente diverso dal nostro. A volte, è difficile trovare dentro sé la strada del dialogo e del compromesso.
Mi è capitato, infatti, di perdere di vista la finalità del laboratorio, aggredendo chi non la pensava come me, dimenticando che un minimo distacco emotivo è necessario quando un dialogo vuole rimanere costruttivo.
L'unica critica che mi sento di fare al Laboratorio è la mancanza di puntualità dei singoli la quale provoca generalmente ritardi qualche volta considerevoli all'inizio dello stesso.
Il fatto di vederci in maniera costante, ma saltuaria impedisce forse la creazione di legami particolarmente stabili e la conoscenza profonda degli altri partecipanti,
ma per adesso non considero tale dato di fatto come un problema da risolvere immediatamente.
Mi sembra più che sensato che i partecipanti raccontino eventi della loro vita durante gli incontri, ma ciò dovrebbe comunque avvenire all'interno di un discorso più astratto e generale affinché non venga perso di vista il tema specifico del laboratorio.

“Il Cammino dell’uomo” di M. Buber, che non è stato materia dei laboratori ai quali ho partecipato, ha contribuito in maniera sostanziale a rispondere alle mie domande sul Senso, poiché condivido i concetti espressi dall’Autore e la saggezza che da essi traspare:
- Facendo della propria vita un vero e proprio cammino, che sia il proprio, unico e personale, evitando il dilettantismo (citando il cantautore N.Fabi: non tutte le strade sono un percorso).
- Affrontando la voce che chiede di essere responsabili della propria vita (e cioè di dare la propria risposta ad essa). Se vogliamo, questa domanda è la stessa alla quale si risponde durante l’esame di coscienza degli es. spirituali: dove sei, uomo? Qual è il tuo stato morale adesso? Ti sei nascosto? Sei stato vigile?
- Esaminando il concetto di risolutezza, mi sono accorta di quanto sia difficile agire sempre con un’anima unificata. Ho cercato di ragionare sui post-it sull’accettare e sul subire attaccati nel tuo studio e mi sono, di fatto, chiarita le idee parlandone direttamente con te. Penso che la risolutezza si raggiunga proprio superando il
bivio esistenziale tra l’accettazione e il subire, avendo il coraggio di Scegliere e di Rischiare, accogliendo il proprio futuro; senza dimenticare una buona dose di lungimiranza sulle conseguenze delle proprie azioni, benché - come direbbe M. Aurelio- bisognerebbe aspettarsi anche l’inaspettato, essendo le nostre azioni dipendenti non solo da noi, ma anche dall’intreccio delle cause universali.
- Partendo dal proprio Sé, in cui il concetto di partenza assume una valenza importante. La partenza implica, quindi, un percorso, un viaggio e anche un arrivo. Bisogna partire da Sé stessi per capire profondamente la propria essenza e il cammino che si vuole percorrere, per poi riconciliarsi con i propri conflitti interiori
che rendono conflittuali i rapporti con gli altri. L’importanza di questo partire è proprio l’apertura all’Altro.
- Condannando l’auto-fustigazione egocentrica di chi è preoccupato solo del proprio passato e del male che ha commesso: come sostiene Buber, bisognerebbe contrapporre il bene fatto nel presente, al male passato, andando incontro all’Altro.
- Vivendo con costante, consapevole e autentica partecipazione il personalissimo “qui e ora” che ci è toccato in sorte ( tema molto spinoziano).
- Dando importanza a tutti gli incontri che facciamo nella nostra vita, che secondo Buber racchiudono tutti un significato segreto, una essenza spirituale.

Io provo quotidianamente a fare di questi punti un concreto stile di vita…Percorro questa strada serenamente, conscia del suo altissimo valore esistenziale.

Insieme al libro di Buber, sul mio comodino ci sono anche gli esercizi spirituali di P. Hadot.
Sono soprattutto tre gli esercizi che faccio di frequente e che sono diventati quasi automatici:
- l’esame di coscienza quotidiano (vedi sopra, punto due di Buber)
- l’esercizio di morte- che mi porta a vedere la mia vita nella prospettiva della fine, permettendomi di dare il giusto valore al presente (in questo mi devo sforzare davvero tanto poiché io, per natura, sono spesso proiettata verso il futuro..ma devo ammettere che l’esercizio pian piano comincia a dare i suoi frutti)
-lo sguardo dall’alto (che a volte utilizzo prima di addormentarmi, quando sono particolarmente pensierosa, per allontanarmi da quegli stessi pensieri che mi agitano).
Adesso vorrei iniziare ad esercitarmi con il “nuovo” esercizio, quello di interdipendenza di cui ha parlato Madera un mese fa alla Triennale.

Per quanto riguarda l’annoso problema della felicità, mi ricordo di averne discusso con te parecchio tempo fa, successivamente ad un laboratorio nel quale
avevamo letto un brano tratto dal libro di Natoli. Io sostenevo (ricordi?) che la felicità fosse un momento, un acme che per sua stessa natura non può divenire qualcosa di costante nell’animo e nella vita dell’uomo.
In questi ultimi tempi, invece, ragiono sul fatto che forse abbiate ragione tu e Natoli e che la felicità possa essere davvero qualcosa di diverso rispetto ad uno
“stato di grazia improvviso e di passaggio”, che possa essere al contrario qualcosa che ci si debba meritare quotidianamente e che si conquista con la virtù.
Anzi, ti dirò che preferisco il termine felicità a quello di serenità (anche su questo avevo puntualizzato), nel senso che la serenità è più un fatto- certamente meraviglioso- che però non abbiamo cercato, un cielo sgombro da nuvole che ci è dato gratuitamente (almeno secondo l’etimologia della parola), mentre solo attraverso la prima si esplicita una vera e propria scelta di vita.


15 marzo 2004

Le motivazioni che mi hanno spinto a partecipare al Laboratorio etico sono fondamentalmente due:
° la buona esperienza relativa agli incontri sull'adolescenza
° la possibilità di poter analizzare e approfondire argomenti che oggi, troppo spesso, sono poco trattari
Gli incontri si sono rivelati effettivamente molto interessanti e punto di partenza di un successivo percorso individuale.

Ho potuto infatti confrontare nei vari momenti della mia vita quanto la parte teorica sia rimasta tale o si sia realmente dimostrata un aiuto, un punto di riferimento.
Questo è valso sopratttutto per i primi cinque incontri (gennaio-febbraio 2003).

L'esperienza di questo laboratorio non è certo collocabile in una situazione di utilità immediata nel senso stretto della parola, ma nel mio caso sicuramente di
grande e profondo arricchimento.

La periodicità mensile va bene coinvolgendo i partecipanti sulle proposte di nuovi argomenti.


26 marzo 2004

Da anni avevo un generico interesse per attività tipo quelle proposte dal C.N.U.,ma altre priorità mi facevano liquidare temporaneamente un impegno preciso dietro un generico “ora non ho tempo”.
In realtà chi,come me, ha la inestimabile fortuna di poter ogni giorno decidere cosa fare della sua vita,trova il tempo per fare le cose che sente, basta solo lasciare emergere le necessità dell’anima senza soffocarle con le azioni.
La mia è una ricerca interiore per diventare in ogni istante consapevole.
L’analisi di testi scritti da persone che hanno percorso questa strada ed il confronto con persone che, come me, sono in costante ricerca, mi aiuta.
Per tanti anni mi sono sentita travolta dagli eventi, dalle emozioni,e sempre più occupata in azioni, magari anche nobilissime, ma di cui non ero parte.
La mia era una ricerca disordinata di qualche cosa di grande, nobile,che desse un senso alla vita. Tutte le esperienze fatte in questo senso mi hanno senza dubbio arricchita, ma ero arrivata ad un punto in cui mi sentivo come un recipiente talmente pieno che rischiava di andare a fondo.
Poi, parlando, cercando, confrontando, eliminando tutto quello che faceva ombra alla strada che finalmente intravedevo, ho capito che” La Strada” si trova nelle azioni quotidiane; è stato questo il momento in cui la mia vita ha cominciato davvero a cambiare.
Purtroppo viviamo immersi in una società frenetica che crea falsi bisogni allo scopo di automantenersi; siamo tutti coinvolti in uno stile di vita materialista in cui il possesso delle cose e l’attaccamento al possesso ci tolgono il tempo e lo spazio per capire chi siamo e qual è il senso della vita.
Lo sviluppo della conoscenza, della saggezza, della consapevolezza di essere parte di un tutto,credo siano essenziali per accettare quello che ci circonda,anche le
cose che ci sembrano peggiori,come meravigliose opportunità di crescita.

I Laboratori Etici proposti dal C.N.U. aiutano in questa ricerca ;credo che ogni persona che senta il richiamo della conoscenza diventi automaticamente un aiuto
per sé e per chi gli sta intorno.

I partecipanti ai gruppi sono molto omogenei come età e come cultura. Questo è un vantaggio perché “si parla la stessa lingua” e ci si capisce meglio, ma è anche un limite perché manca, a mio avviso, quella ventata di energia che dei ragazzi senza dubbio darebbero.

Per quanto riguarda la periodicità non credo ci possa essere una regola fissa; ogni gruppo è un’entità diversa con cui costruire.


7 aprile 2004

Come d'accordo ti mando la relazioncina che mi hai chiesto.
"Il motivo principale che mi ha spinta ad intraprendere questo tipo di esperienza è stata soprattutto la curiosità. Quella curiosità che ci spinge ad affrontare nuove strade spesso lontane dal nostro quotidiano. La conoscenza di Cristina e la sua frequentazione in una zona "neutra", lontana cioè per entrambe dalla vita e dagli ambienti di tutti i giorni mi ha permesso di venire a conoscenza di questa attività ed ha innescato in me la curiosità di cui parlavo prima.
Il gruppo mi sembra ben strutturato e nutro senz'altro un sentimento di affetto nei confronti delle persone che ne fanno parte, logicamente verso quelle che frequento dall'inizio o comunque da più tempo. Vorrei conoscerne meglio alcune e poterle frequentare anche in altre occasioni perché mi rendo conto di condividere con loro pensieri e modi di vivere, ma la lontananza, gli impegni quotidiani e gli ambienti diversi in cui viviamo mi hanno fino ad ora impedito una maggiore conoscenza.
Una cosa che mi rattrista è il perdere di vista certe persone che non fanno più parte del gruppo e non sapere più nulla di loro. Non sono a conoscenza di come siano formati gli altri gruppi, ma questo mi sembra poco stabile, si allarga e si restringe. Forse è questo il suo lato bello, ma, a volte, mi lascia un po' sconcertata, preferirei avere un punto di riferimento un po' più solido. Per quanto riguarda l'applicazione nel quotidiano degli argomenti letti o discussi non è, per me, così immediata anche se noto, a volte, una maggior tolleranza ed una ricerca di comprensione verso gli altri, ma spesso ricado nella mia impulsività. Dal punto di vista personale il partecipare agli incontri mi è servito ad avere il coraggio di esporre agli altri le mie opinioni, sapermi confrontare e mettere in discussione.
Relativamente alla periodicità, se fosse per la mia volontà, potremmo incontrarci anche tutte le settimane, ma mi rendo conto che sarebbe in pratica impossibile.
Non ho consigli o critiche da fare al metodo o agli argomenti discussi, vorrei solamente poter essere io più presente agli incontri e ai dibattiti che vengono proposti nel corso dell'anno, ma è solamente un mio problema di compatibilità con gli impegni familiari".


Milano, 12 maggio 2004

Centro Nuovo Umanesimo

Mi riferisco alla Vostra del Dicembre 2003 per comunicarvi le mie impressioni in merito.
Al partecipare al CNU sono stata spinta da una amica, anche se era già mia intenzione di approfondire con corsi, incontri ecc. gli aspetti della morale umana. Gli argomenti che finora abbiamo trattati, mi hanno aiutato molto in alcuni aspetti della mia vita quotidiana, a tale riguardo ho tratto dei benefici nei rapporti con mia figlia adolescente. Gli incontri mi hanno anche permesso di confrontare le mie situazioni di vita con quelle di alcuni partecipanti, cosa che ritengo molto utile per dare il giusto peso alle esperienze che ognuno di noi vive normalmente.
Per quanto riguarda la frequenza, da parte mia sarei anche disponibile a due incontri al mese


Milano, 4 dicembre 2004

Notando nei vostri discorsi un pizzico di rimprovero per una carenza epistolare (chiesta effettivamente per il marzo 2004) cerco di colmare questa mia lacuna.
Nel gennaio 1998, così tutto è iniziato, la mia motivazione era quella di poter confrontare ed esprimere le mie paure, i miei dubbi, le mie certezze di genitore e di educatore. Ora più che una motivazione è una sfida con me stessa, in un terreno che sicuramente non è mai stato il mio. La mia è una “mente scientifica” (dovevo essere biologa), ogni cosa per me ha un perché scientifico, quindi riuscire a confrontarmi e a riflettere su temi esistenziali visti con taglio filosofico lo trovo molto interessante e stuzzicante intellettualmente.
Non nego che alcune volte mi sento un pesce fuor d’acqua o perché si parla di scrittori, filosofi, conferenze, raduni a me sconosciuti (del resto mi chiedo se qualcuno di voi conosce Derk Lloyd, Niko Timbergen o Edwuard Wilson) oppure perché si parla di avvenimenti od argomenti che probabilmente avete già avuto modo di esporre tra voi.
Discutere e riflettere o ascoltare e imparare ( come mi capita più spesso) sono diventati un ottimo strumento per rieducarmi ad un dialogo costruttivo e meno aggressivo.
Critiche non metto (io non partecipo concretamente alle attività dell’associazione), mi piacerebbe avere delle proposte “intelligenti”, ma anche in questo sono carente.
Credo che a questo punto sia chiaro perché non ho trovato opportuno rispondere all’invito di Cristina: mi sembra di non avere molto da dire, mi sento una sanguisuga che si ciba delle vostre parole cercando di imparare il più possibile.