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La tragedia di New York (1)

Il 17 settembre 2001, alle h 21, si sono riuniti i soci del Centro Nuovo Umanesimo.

All'inizio dell'incontro si parla del progetto che l'associazione ha presentato al Comune di Milano nell'ambito delle azioni a sostegno dell'infanzia e dell'adolescenza per il triennio 2001-2003. Si tratta di un percorso per la gestione del conflitto messo a punto da due professioniste di Brescia, un'avvocatessa e una pedagogista.

Se il progetto verrà approvato sarà ospitato dalla scuola media Ciresola e dal liceo artistico Hajech di Milano, e verrà attuato dalle due professioniste.

Si basa tutto su metodologie attive, disegni, ascolto e rielaborazione di favole, role playng , discussioni guidate e mira all'avvicinamento dei punti di vista differenti che sempre si manifestano in un conflitto.

I presenti prendono visione, come esempio del materiale che verrà utilizzato nelle classi, del disegno cosiddetto "della giovane e della vecchia", ovvero un unico disegno nei cui tratti può essere individuata una giovane donna con un cappello oppure una donna anziana a seconda che vengano fatti prevalere in primo piano dei tratti del disegno o altri tratti. Non è facile, anche percettivamente, mettere in luce il disegno nascosto quando si è individuata una delle due figurazione, ci vuole uno sforzo della vista e della mente per far emergere la seconda figura. I ragazzi, con questa e altre attività, vengono indotti a riflettere sul fatto che, quando c'è un conflitto, avviene ciò che avviene per il disegno, ognuno legge nella stessa realtà due aspetti differenti e fatica a capire il punto di vista dell'altro.

Data la drammaticità degli eventi accaduti in America soltanto pochi giorni prima, l'11 settembre, si decide poi di leggere insieme due articoli del Corriere sull'argomento: "Ci credevamo il paese dei balocchi" un'intervista di Alessandra Farkas a Saul Bellow apparsa sul Corriere della Sera del 13 settembre 2001 e Quel giorno tra i seguaci di Bin Laden di Tiziano Terzani, tratto dal Corriere della Sera del 16 settembre 2001.

I presenti sono tutti d'accordo con l'analisi di Saul Bellow il quale rileva che "La superpotenza è reduce da uno dei periodi più ludici ed economicamente prosperi della sua storia; ostaggio di un materialismo senza precedenti. Quest'orgia consumistica l'ha portata a focalizzare tutte le energie sull'acquisizione di beni di consumo, disinteressandosi della condizione e dei problemi reali del Paese. L'americano oggi vive per comperare, usare e gettare via perché questo è l'obiettivo esistenziale fissato per lui dalla società. Ma una società non può crescere e prosperare su fondamenta del genere." Si osserva inoltre che quanto detto a proposito dell'America è in realtà estendibile all'intero mondo occidentale, quindi anche all'Italia e alla nostra società.

Tutti ci auguriamo, come fa anche Saul Bellow, " che la catastrofe spinga la gente a interessarsi a cose più serie", ovvero anche agli aspetti spirituali e non soltanto materiali dell'esistenza.

Anche l'articolo di Terzani esordisce augurandosi che la tragedia diventi "l'occasione per pensare diversamente da come abbiamo fatto finora, l'occasione per reinventarci il futuro e non rifare il cammino che ci ha portato all'oggi e potrebbe domani portarci al nulla. Mai come ora la sopravvivenza dell'umanità è stata in gioco". Terzani prosegue poi con un'analisi molto ricca e approfondita delle motivazioni che possono aver spinto gli estremisti islamici a un gesto tanto violento e eclatante. Egli sostiene infatti che in una guerra non c'è niente di più pericoloso che sottovalutare il proprio avversario e ignorarne la logica definendolo "pazzo": è necessario invece capire qual è la logica dell'"altro", anche se ai nostri occhi può apparire assurda.

Innanzitutto, egli dice, noi Occidentali, agli occhi degli islamici, siamo "rappresentanti di una civiltà decadente, materialista, sfruttatrice, insensibile ai volori dell'Islam", gli islamici, invece, e soprattutto i fondamentalisti, sono "gente che "crede", come noi stessi abbiamo saputo fare in passato ma non sappiamo più, gente che considera il sacrificio della propria vita per una causa giusta come una cosa "santa"".

I musulmani, inoltre, si sentono eredi di una grande civiltà del passato, ma si sentono oggi umiliati dallo strapotere e dall'arroganza dell'Occidente, e vivono sulla propria pelle, con dolore e rabbia, tutte le azioni violente degli occidentali che vanno a colpire le popolazioni musulmane: come ad esempio i bombardamenti americani che dal 1983 hanno colpito a più riprese nel Medio Oriente paesi come il Libano, la Libia, l'Iran, e l'Irak.

Per non parlare dell'embargo imposto dagli Stati Uniti all'Iraq che, secondo stime americane, ha causato mezzo milione di morti, molti dei quali bambini.

A chi sostiene che il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki era un atto di guerra, mentre l'azione terroristica non rientra negli atti di guerra, Terzani obietta che da tempo ormai le azioni di guerra riguardano anche i civili e ci invita a comprendere che le morti in Iraq generano negli islamici la stessa rabbia che ha causato negli occidentali il dolore per i morti di New York.

Il giornalista continua asserendo che "se vogliamo capire il mondo in cui siamo, lo dobbiamo vedere nel suo insieme e non solo dal nostro punto di vista". " il problema è -aggiunge- che fino a quando penseremo di avere il monopolio del "bene", fino a che parleremo della nostra come la civiltà, ignorando le altre, non saremo sulla buona strada".

Nella discussione si osserva che abbiamo esordito nella serata esaminando il disegno "della vecchia e della giovane" e avevamo osservato che, in un conflitto dobbiamo sempre sforzarci di vedere anche il punto di vista dell'altro, altrimenti le posizioni si radicalizzano ed è difficile venire a una soluzione positiva. Su scala planetaria, questo è quello che ci invita a fare l'articolo di Terzani: dobbiamo sforzarci di capire, non tanto per avallare con la nostra comprensione azioni comunque drammatiche e luttuose, ma per non rispondere con azioni altrettanto drammatiche e luttuose, quali potrebbero essere delle rappresaglie sulla popolazione afghana o anche solo, per quanto è nelle nostre mani, l'assunzione di posizioni xenofobe e pregiudizialmente anti islamiche.

Terzani infatti conclude il suo lungo articolo citando le parole del Budda: "l'odio genera solo l'odio" e "l'odio lo si combatte solo con l'amore" "pochi l'hanno ascoltato. Forse è venuto il momento".

Anche noi ci uniamo all'augurio che possa presto venire il momento in cui si combatterà l'odio con l'amore.