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Le vie per raggiungere la saggezza (2)

Lunedì 12 febbraio 2001, alle h 21, si sono riuniti i soci del Centro Nuovo Umanesimo.

All’inizio dell’incontro vengono distribuiti il verbale n° 7, la storia e gli obiettivi del Centro e vengono indicati alcuni articoli per l’incontro di marzo il cui tema sarà il razzismo. (Giampaolo Pansa, Come diventare un Razzista Perbene, L’Espresso 30 marzo 2000; Giovanni Sartori, Gli islamici e noi italiani, Corriere della Sera, 25 ottobre 2000; C.M. Martini, Le religioni aiutano la città dell’accoglienza, Corriere della Sera, 26 ottobre 2000; Sebastiao Salgado, Sette anni all’inferno, Corriere della Sera, 27 ottobre 2000).

Viene comunicata la disponibilità della Dott. Vegetti Finzi a partecipare alla presentazione del Centro, prevista per il mese di novembre. Il tema della conferenza sarà quella dell’educazione alla responsabilità. Si pensa di organizzare la presentazione allo Spazio Oberdan, che, in quanto proprietà di un ente pubblico, la Provincia, non è connotato politicamente.

Lo statuto del Centro sarà discusso nel corso dell’incontro di marzo per poter essere steso in modo definitivo per la fondazione del Centro in aprile o in maggio.

Si passa poi a discutere l’argomento su cui si era già cominciato a discutere nell’incontro di dicembre, “le vie per arrivare alla saggezza” e si riprende ad analizzare lo stesso materiale.

Dalla rilettura delle pagine di Salvatori Natoli “La felicità di questa vita”, risulta evidente che l’autore, pur essendo laico, si confronta a fondo con il Cristianesimo.

Effettivamente nella storia si è visto che, quando ci si pone come obiettivo di individuare delle modalità di condotta che ci portino alla felicità, filosofi e profeti, come Socrate, Budda, Cristo, hanno suggerito vie che per molti aspetti sono simili tra loro. Ci hanno ad esempio detto che se ignoriamo i torti ricevuti, se perdoniamo e non cerchiamo vendetta possiamo vivere meglio. Dalla discussione però emerge che non è sempre semplice capire, e ancor meno perdonare.

Vengono portati esempi di torti ricevuti e vengono analizzate le differenti situazioni.

Un altro precetto comune a filosofie e religioni, di cui parla anche Natoli, dice che dobbiamo sforzarci di valorizzare in positivo tutto ciò che la vita ci offre, cercando di accettare anche la sofferenza, ineliminabile dalla vita stessa. Non tutti sono in grado di farlo, ci si domanda allora se i differenti atteggiamenti siano innati o se sia possibile apprendere a far emergere il positivo.

C’è chi pensa che la capacità di vivere “in positivo” ogni esperienza sia un dono, ma altri pensano che, se si accetta l’interpretazione del dono, si sconfina nell’atteggiamento Calvinista che vede il destino di ciascun uomo come frutto della “predestinazione” divina. Verrebbe allora a mancare la libertà di scelta, presupposto di ogni etica. Se non sono libero, non posso scegliere e neppure essere premiato o punito.

Si sottolinea che è più facile per noi occidentali che viviamo nel benessere porci problemi etici, chi vive nella miseria e deve pensare alla sopravvivenza più difficilmente può interessarsi a questioni morali. C’è chi pensa che anche per chi vive molto umilmente valga l’idea che accontentandosi di quello che si ha, per quanto sia poco, si possa vivere serenamente. I problemi nascono quando noi desideriamo sempre di più in termini di potere e di ricchezza.

Su quella strada non troveremo mai soddisfazione, pace e serenità, perché ogni obiettivo raggiunto sarà solo il punto di partenza per nuove conquiste che ci lasceranno però sempre insoddisfatti. Solo l’accettare, l’accontentarsi, il comprendere sembrano condurci verso la serenità. Anche l'atteggiamento di chi non si impunta nelle situazioni e impara a “cedere” può dare dei vantaggi, come già era stato detto nell’incontro del 15 di gennaio. Si sottolinea però che l’aspetto razionale non sempre coincide con quello emorivo. Si può essere razionalmente convinti che è più giusto accettare anche i torti e la sofferenza e che sia consigliabile perdonare perché si capisce che chi ci ha fatto un torto lo ha fatto per una propria debolezza o, come dice Socrate, per “ignoranza “ del vero bene, ma l’emotività a volte ha la meglio e ci travolge nella rabbia.

Alle 23 e 30 si decide di concludere l’incontro.